Presentato il piano 2018 di Avaya: è ora di puntare anche su Blockchain, IOT e AI

Il 2018 sarà per Avaya l’anno della crescita. Già il 2017 si era chiuso con i migliori auspici, con numeri in salita in termini di clienti acquisiti e di contratti portati a casa, confermando la ripartenza dopo la ristrutturazione finanziaria.

In occasione dell’Experience Avaya, l’evento dedicato a partner e clienti andato in scena nella splendida cornice di Villa Miani a Roma, Massimo Palermo, Country Manager di Avaya Italia, ha infatti svelato che «l’azienda ha registrato il 100% di achievement, acquisito 50 nuovi clienti e venduto oltre 1500 sistemi».

Massimo Palermo

Country Manager, Avaya Italia

E Palermo ci ha tenuto a sottolineare il ruolo determinante che hanno avuto i partner nella ripresa e condividere con loro la strategia: «Siamo qui per ringraziarvi e per averci dato fiducia nel corso dell’ultimo anno. Era da un paio di anni che non organizzavamo eventi in Italia, ma riteniamo che invece sia sempre più opportuno essere vicini ai territori. Ora diventa determinante aiutare clienti e partner a gestire al meglio la digital tranformation in ambito UC. Se tutto cambia intorno a noi non possiamo permetterci di restare indietro, nemmeno per pochi mesi. Abbiamo oltre 100 persone fra Roma, Milano e Ancona a disposizione del team di partner e clienti. Vogliamo continuare a portare sul mercato le soluzioni tradizionali ma soprattutto quelle che abilitano le tecnologie emergenti, dall’AI al blockchain. Il tutto attraverso piattaforme aperte e integrabili con le nuove tecnologie».

Il nuovo corso dell’azienda vedrà quindi il lancio sul mercato di nuovi prodotti, un potenziamento dell’offerta cloud in particolare della famiglia Equinox e un consolidamento del rapporto con la PA grazie alla convenzione CT7 (insieme con Tim). Però Palermo ci ha tenuto a sottolineare che, anche se il Cloud avrà un ruolo chiave, «non è un mantra, è un vestito che deve poter essere indossato da chi è pronto», evidenziando nel cloud ibrido la soluzione ideale.

I cinque i pilastri del new deal

Empowerment, accountability, team-work, simplicity, trust. Andrea Ragazzi, AD Avaya Italia e VP Avaya EU South Sales,  ha svelato gli elementi portanti della strategia: «Tecnologia e relazioni sono le chiavi per crescere. Siamo quelli di prima ma più forti, puntiamo sulla crescita organica e inorganica e abbiamo 350 milioni di risorse finanziarie aggiuntive a disposizione».

Andrea Ragazzi

AD, Avaya Italia e VP Avaya EU South Sales

Il fatturato dell’azienda si è attestato a 3,3 miliardi di dollari, il 56% del fatturato è ricorrente e l’ebitda è al 25%. L’azienda è inoltre prima al mondo nel mercato contact center e seconda nell’Unified Communication. Ed è ormai una software company a tutti gli effetti con il 78% di servizi all’attivo. L’Italia avrà un ruolo chiave nella partita, in particolare attraverso il centro R&D di Ancona, definito da Ragazzi “il nostro fiore all’occhiello”. «I nuovi investimenti si concentreranno proprio nell’R&D, oltre che nelle acquisizioni», ha aggiunto il manager ricordando la recente acquisizione di Spoken Communication. Blockchain, IOT e AI sono le tecnologie di “frontiera” che andranno ad aggiungersi all’offerta, insieme al Cloud: «Il cliente è al centro. È questa la nostra unica vera missione. Ed è per questo che facciamo leva sulla nostra squadra di partner. Il focus è sull’execution».

Alla convention dell’azienda ha presenziato anche Andrea Rangone, CEO di Digital360, che ha raccontato alla platea lo scenario dell’innovazione grazie all’esperienza maturata nel settore. «Siamo nel bel mezzo della quarta rivoluzione industriale. E la pervasività del digitale è driver della rivoluzione. Ma la vera differenza non la faranno le tecnologie ma le persone, la capacità delle imprese di guardare al futuro con gli occhiali della discontinuità. Si stanno affermando nuovi modelli di business, nuove forme di ricavi e nuovi mercati. E di qui a 10 anni la maggior parte dei settori ragionerà con logiche completamente diverse da oggi».

Andrea Rangone

Amministratore Delegato di Digital360

Rangone sfata anche il mito dell’Italia fanalino di coda: «I dati mostrano uno scenario in netto miglioramento, con una decisiva accelerazione su molti fronti. Solo il 12% degli italiani non ha adeguata dotazione tecnologica e solo il 15% non ha connessione a Internet». Se è vero che l’Italia è 21esima su 28 Paesi Ue per servizi pubblici digitali – si evince dal Desi – esiste una spiegazione che prescinde dal livello di digitalizzazione degli italiani: secondo l’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano oltre il 50% dei Comuni italiani non offre servizi digitali ai cittadini e la qualità dei servizi offerti dal restante 50%, al netto delle eccellenze, lascia piuttosto a desiderare. «Non ci sono scuse oggi per non agire – conclude Rangone -. Basta con i vecchi miti, italiani pronti per rivoluzione. Vogliono fruire dei nuovi servizi».

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