Asfor: «Servono leader con un mindset digitale»

Che impatto hanno le tecnologie digitali sulla leadership? Parte da qui la riflessione del Presidente di Asfor, Marco Vergeat, che abbiamo recentemente intervistato. Cambiano le competenze necessarie. Occorre sviluppare conoscenze e un mindset digitali, che sappiano sfruttare e mettere al lavoro il potenziale di innovazione della tecnologia su tutti i processi aziendali e nella relazione con i clienti. Questi ultimi, infatti, più informati e protagonisti, devono diventare sempre più centrali e influenti su qualunque decisione aziendale. La competitività dipenderà dall’uso efficace, veloce e funzionale delle soluzioni tecnologiche. Il manager oggi non dev’essere per forza un esperto di tecnologie, ma deve conoscerne le potenzialità e deve essere consapevole del valore aggiunto che possono offrire, circondandosi delle giuste competenze. Purtroppo su questo fronte vedo ancora ritardi e molte resistenze. Con l’aumento della complessità è sempre più necessario avere una visione e saper rivolgere le domande giuste a team multidisciplinari che sappiano operare e dare le risposte che servono. Ci vuole orientamento e attitudine all’analisi e all’interpretazione dei dati, permeabilità e apertura all’esterno, tolleranza dell’errore come fonte di apprendimento continuo.

Marco Vergeat

Presidente di Asfor

Il digitale accelererà anche il superamento di uno stile di leadership “Command and Control”?

Sì, in letteratura è già superato da trent’anni o più. Poteva funzionare in contesti a minore velocità di cambiamento e con minore intensità competitiva; in pratica in contesti di mercato più prevedibili e governabili, ma non in un ambiente complesso fatto di sistemi digitali aperti, dove la possibilità di creazione di valore e innovazione possono provenire da qualsiasi punto dell’organizzazione o anche da fonti esterne. Il sistema in questo caso deve velocemente cambiare e adattarsi se vuole competere, il management deve saper coinvolgere e ingaggiare al massimo le persone, valorizzare la diversità di competenze e saperle integrare in funzione dei risultati. Deve saper ascoltare perché le buone idee possono venire da chiunque. Fare tutto ciò richiede il mindset giusto, allenamento a nuove abitudini, nuovi comportamenti per operare in organizzazioni che per essere più efficaci saranno più orizzontali e aperte.

Il digitale ha ricadute anche sulla formazione manageriale?

Sì, certo. Centri di formazione e business school dovranno ascoltare sempre di più le nuove esigenze del mercato, adattando i modelli di apprendimento al cambiamento in atto nelle organizzazioni. Questo è l’obiettivo strategico di Asfor per il prossimo triennio: diventare un punto di riferimento per tutti coloro che stanno affrontando nuove sfide in tema di formazione del management, puntando soprattutto ad ampliare il numero di aziende associate e le occasioni di incontro tra strutture di formazione e imprese per scambiare best practice, condividere nuove esigenze, proposte e soluzioni. Un mercato eccessivamente influenzato dall’offerta non evolve, bisogna evitare il rischio dell’autoreferenzialità. La vera ricchezza è mettere a fattor comune esperienze, ricerche, testimonianze e saperi, attraverso l’ampio e variegato network che costituisce l’associazione.

Cosa pensa dell’introduzione massiccia di format del tutto o parzialmente digitali?

Il dibattito è aperto sull’impatto che il digital learning ha e avrà sui processi di formazione e di apprendimento. Il nostro obiettivo è favorire la crescita di una cultura dell’apprendimento e dello sviluppo manageriale e alimentare l’approfondimento su contenuti e metodologie in modo che la stessa domanda diventi più qualificata e consapevole e l’intero sistema possa crescere. Allo scopo stiamo investendo, già dallo scorso anno, nuove energie nell’indagare e monitorare l’innovazione nella formazione manageriale, anche sul versante del digital learning. Lo faremo sempre di più attraverso il nostro network, promuovendo tutte le partnership utili e possibili e anche valorizzando e mettendo a disposizione ricerche e documentazione prodotte da altre fonti internazionali qualificate. In generale, però, non bisogna stancarsi di ripetere che le tecnologie sono un mezzo, un fattore abilitante, e di per sé non possono generare qualità del processo di apprendimento e valore di risultati. Sono necessari competenze e metodo di progettazione e qualità di contenuti. La sottovalutazione di questi aspetti rischia di sacrificare l’efficacia della formazione e ciò equivale ad azzerarne anche l’efficienza.

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