Industria italiana, il supply chain finance vale 637 miliardi: la spinta decisiva del Fintech

«Il Supply Chain Finance (SCF) è l’insieme delle soluzioni per finanziare il capitale circolante che fanno leva sul ruolo delle aziende entro la filiera, e la ricerca 2018 mostra come in Italia sia ormai una realtà affermata, che evolve verso nuove prospettive. Il mercato servito si consolida, anche se quello potenziale resta ancora molto rilevante, in particolare per il supporto delle PMI. C’è fermento per l’ingresso di nuovi attori sul mercato, soprattutto operatori internazionali e startup che offrono servizi basati su piattaforme digitali». Così Federico Caniato ha presentato in un apposito evento all’ateneo milanese l’edizione 2018 dell’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano, di cui è Direttore.

Negli anni della crisi economica dopo il 2008, la capacità di finanziare il capitale circolante – in particolare crediti commerciali e scorte – ha significato per molte imprese manifatturiere, soprattutto piccole e medie imprese (PMI), la differenza tra sopravvivenza e fallimento.

Ancora oggi il ciclo di cash-to-cash nell’industria italiana è di 44 giorni (dati 2016). È in calo del 17,5% rispetto al 2015, e risulta da valori tutti in calo ma ancora su livelli altissimi. Il tempo medio d’incasso dei crediti commerciali è 98 giorni (-11%, ma la media europea è 61 giorni), il tempo medio di copertura scorte è 70 giorni (-3,5%), e quello medio di pagamento debiti commerciali è 124 giorni (-4,2%).

Con questi numeri è logico aspettarsi valori altissimi anche per i crediti commerciali in sospeso, che infatti nel 2016 erano di 637 miliardi di euro: un dato molto superiore a Germania (582 mld), Francia (529 mld), Regno Unito (411 mld), Spagna (341 mld).

Finanziare questi 637 miliardi per le imprese industriali italiane è fondamentale, ma solo il 23% è “servito” da soluzioni di finanziamento dall’esterno. Soluzioni che sono in gran parte tradizionali, come l’Anticipo Fattura, cioè il finanziamento delle fatture non ancora riscosse, che vale 75 miliardi (-13,8%), e il Factoring, la cessione di crediti commerciali vantati da un’azienda, che sale del 6,6% a 58 miliardi.

Nell’ultimo anno è cresciuto di più il Reverse Factoring, che permette ai fornitori di sfruttare il merito creditizio di un’azienda cliente per ottenere tassi più bassi (3 mld, +7%), mentre hanno preso piede anche soluzioni innovative come Invoice Auction, Purchase Order Finance, Dynamic Discounting ed Equipment Finance: un’area prevista in forte crescita nel 2017 grazie al boom del Fintech e all’impiego di tecnologie innovative come Blockchain, Big Data e Internet of Things.

L’impatto di Internet of Things, Big Data e Blockchain

Più in dettaglio il Purchase Order Finance è l’impiego di un ordine ricevuto da un cliente con alto merito creditizio come garanzia per ottenere un finanziamento non della fattura ma dell’ordine, supportando l’acquisto di materiali o prodotti necessari a produrre quanto ordinato. Il Dynamic Discounting è il pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo, che consente il finanziamento anche solo tra attori della filiera senza coinvolgere finanziatori terzi. L’Equipment Finance è l’insieme di strumenti finanziari a supporto non del capitale circolante, ma dell’acquisto di asset durevoli.

Da una parte quindi la visione del credito di filiera come sinonimo di Reverse Factoring è sorpassata, spiega Antonella Moretto, anche lei Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance: oggi l’ambito si sta allargando oltre la fattura, anche a ordini, scorte e investimenti.

Dall’altra le imprese italiane intervistate dall’Osservatorio considerano le tecnologie Blockchain, Big Data e Internet of Things come strumenti per superare le barriere all’adozione delle soluzioni più innovative. L’IoT viene impiegato nelle soluzioni di Inventory Finance e Equipment Finance, perché agevola il monitoraggio in tempo reale dei beni oggetto di garanzia, rende più efficienti i processi, riducendo i rischi di frode e aumentando la fiducia degli attori coinvolti.

L’analisi dei Big Data provenienti dalle transazioni entro la supply chain consente una miglior valutazione del merito creditizio delle imprese, soprattutto delle PMI, meno rappresentate dai dati di bilancio. La Blockchain si impiega nelle soluzioni di Reverse Factoring, perché riduce costi e tempi di acquisizione delle informazioni necessarie ad esempio per l’inclusione di un nuovo fornitore, e di Inventory Finance, perché garantisce visibilità delle scorte a magazzino, aumenta la trasparenza e riduce i rischi di frode.

Se l’operatore logistico fa il finanziatore

Anche gli operatori logistici, che per definizione fanno già parte delle supply chain, partecipano in modo sempre più decisivo alle soluzioni di Supply Chain Finance, con 4 modelli. Gli Indipendenti offrono soluzioni in autonomia senza supporto finanziario di terzi; gli Spin-Off creano una società per offrire servizi in esclusiva; quelli in Joint Venture creano una società specializzata con un provider di finanziamento; quelli in Collaborazione gestiscono il flusso informativo per il provider di finanziamento.

Gli asset più finanziati dagli operatori logistici sono asset durevoli dei clienti (di movimentazione merci e investimenti in innovazione o attività a valore aggiunto), scorte (soluzioni che monetizzano il capitale immobilizzato nelle scorte di magazzino), crediti o debiti commerciali (operatori che agiscono come finanziatori o segnalano informazioni agli operatori finanziari).

Probabilità di default? Tenete d’occhio puntualità di consegne e pagamenti

Un altro contributo importante del report 2018 dell’Osservatorio SCF è la dimostrazione che i dati operativi sono indicatori dello stato di salute di un’azienda almeno quanto quelli finanziari.

«Abbiamo esaminato i bilanci dal 2013 al 2016 di 210mila imprese internazionali, lavorando in particolare su tre voci correlate alle performance di supply chain: DPO (Days Payable Oustanding), DSO (Days Sales Oustanding) e Inventory Turnover – ha spiegato Moretto -. E abbiamo concluso che un modello basato su questi 3 indici è in grado di prevedere con circa 18 mesi di anticipo il default dell’azienda, e questo con un’accuratezza altissima, intorno all’80%».

Insomma, l’uso di indici di performance operativa nei modelli di valutazione del merito di credito ne aumenta la reattività e la capacità predittiva. Un’ulteriore conferma viene da un altro lavoro dell’Osservatorio: la simulazione di 10 anni di funzionamento di una filiera a 5 livelli – fornitore di primo livello, fornitore di secondo livello, azienda, distributore, cliente finale – con focus su due parametri: puntualità di consegna e frequenza dei pagamenti.

I due responsi sono molto significativi: se un’impresa inizia a cedere sulla regolarità temporale dei pagamenti, con buona approssimazione fallirà dopo 12 mesi. Analogamente, se inizia a cedere sulla puntualità delle consegne, con buona probabilità fallirà entro 18 mesi.

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